Il nostro corpo vive producendo energia. Ma, nel farlo, produce scorie. Ebbene, se il livello di queste scorie aumenta, noi invecchiamo molto più velocemente e ci ammaliamo.
Naturalmente, il corpo ha delle sentinelle per queste scorie. Ma spesso non sono sufficienti, l’esercito ha bisogno di rinforzi.
Le scorie sono i famigerati radicali liberi che però, come ogni cosa in natura, hanno anche valenza positiva! A patto che non diventino troppi!
E le sentinelle sono gli antiossidanti: glutatione, catalasi, SOD, ma altresì selenio, vitamina C, flavonoidi, polifenoli, coenzima Q10, carotenoidi, acido lipoico.
Quando il peso dei radicali liberi supera in modo ponderoso quello degli antiossidanti, ovvero la bilancia è completamente squilibrata, parliamo di stress ossidativo. Il nostro nemico numero 1.
Stress ossidativo deriva da oxys, greco antico. Significa diventare acidi.
Cosa sono i radicali liberi?
I radicali liberi sono atomi nei quali sull’orbita esterna non c’è una coppia di elettroni, ma un elettrone solo. Spaiato, l’elettrone va a “rubare” elettroni ad altre molecole e così facendo provoca lesioni cellulari che, se gravi e protratte nel tempo, causano una accelerazione del processo di invecchiamento.
Perciò, se lentamente vuoi invecchiare (e evitare la patologia), è necessario modulare i radicali liberi.
I radicali liberi non sono solo nemici, anzi.
La loro produzione è legata alla normale attività metabolica. In che cosa ci sono utili? Ad esempio per la sintesi di alcuni ormoni. O per aiutare i leucociti quando uccidono i batteri, difendendoci dalle infezioni.
Altri radicali liberi, come l’ossido nitrico, sono indispensabili per mantenere in equilibrio l’intero organismo (si chiama omeostasi), perché modulano la contrattilità della muscolatura, l’aggregazione delle piastrine.
Insomma, i radicali liberi sono compagni fedeli della cellula ma quando aumentano a dismisura ne diventano i più acerrimi nemici. Invecchiare più lentamente significa anche e per forza contenere i radicali liberi.
Il temibile radicale idrossile: se lentamente vuoi invecchiare lo devi tenere in equilibrio!
I radicali liberi, strappando elettroni ad altre molecole, creano una reazione a catena. Fra essi, il radicale idrossile è uno dei più temibili. Come dice il medico, esperto in biochimica e chimica clinica Eugenio Luigi Iorio
quando la cellula espelle queste specie reattive dell’ossigeno, esse attraversano la parete della matrice e arrivano nel sangue. Qui, in condizioni di ischemia anche lieve, l’attivazione del metabolismo anaerobio induce un rilascio di cataboliti acidi che, provocando un lieve abbassamento del pH, inducono, tra l’altro, una modifica della conformazione della trasferrina, che viene così costretta a rilasciare il ferro in forma libera.
Sarà questo elemento di transizione, poi, a provocare per via catalitica (reazione di Fenton) la scissione degli idroperossidi in radicali alcossilici (RO) e perossilici (ROO), in definitiva responsabili di lesioni ossidative a carico sia dell’endotelio che di componenti plasmatiche, quali le LDL. E’ evidente, quindi, che gli ROOH rappresentano non solo i “testimoni” ma anche i potenziali “amplificatori” del danno ossidativo a tutte le cellule.
Stress ossidativo: un danno silente che influenza un gran numero di patologie
Lo stress ossidativo è la rottura di un equilibrio biochimico. La sua insidiosità è legata al fatto che rimane silente, nascondendosi dietro i sintomi e i segni di una malattia di base. Inoltre accelera il percorso di invecchiamento.
Prendiamo ad esempio il colesterolo. Diventa pericoloso quando le LDL sono ossidate!
in maniera solo apparentemente paradossale soggetti con colesterolemia normale possono avere un livello elevato di radicali liberi; ciò che rende pericoloso il colesterolo è la sua ossidazione da parte dei radicali liberi, per cui la classica distinzione tra colesterolo “buono” (HDL) e “cattivo” (LDL) dovrebbe essere rivista, essendo “cattivo”, cioè aterogeno, tutto il colesterolo ossidato, sia esso LDL che HDL.
Modulare i radicali liberi non significa solo invecchiare lentamente ma altresì prevenire la malattia!
Quando c’è stress ossidativo si riducono i livelli di vitamine, oligoelementi, enzimi. E l’ambiente diventa acido, favorendo la patologia.
Non esiste individuo che non sia esposto al rischio di produrre – in senso assoluto o relativo – quantità eccessive di specie reattive. Le conseguenze indesiderate sono invecchiamento e malattie, perciò ogni soggetto sano dovrebbe sottoporsi a uno screening per vagliare lo stress . Vari sono i fattori in grado di aumentare la produzione o ridurre l’inattivazione di specie reattive, fra cui i radicali liberi: radiazioni, inquinanti, fumo, sostanze chimiche, stress emotivo, campi elettromagnetici, regimi alimentari squilibrati.
Inoltre, andrebbero monitorati tutti i soggetti affetti da patologie – almeno un centinaio – che risultano in qualche modo correlate con lo stress ossidativo, dalla demenza senile al m. di Parkinson, dall’ictus all’infarto, dal m. di Crohn all’artrite reumatoide, dall’AIDS ad alcune neoplasie e così via.
Come si diagnostica lo stress ossidativo?
Nel corso degli anni, sono stati proposti vari test per avere un’idea, seppur indiretta, del bilancio ossidativo; tutti, però, si sono rivelati inaffidabili “surrogati”. Per esempio, l’acido urico, pur essendo dotato di attività antiossidante, non può assolutamente essere assunto come marcatore affidabile della funzionalità delle difese antiossidanti del sangue, alla cui costituzione partecipano numerosissime altre sostanze (es. vitamina C, vitamina E, caroteinoidi, polifenoli alimentari, etc.). Lo stesso discorso vale per l’albumina, pur importante per la sua funzione di “shock-adsorber” nei confronti dei radicali liberi generati nel comparto ematico. Il livello di colesterolo nel siero costituisce un buon marker di rischio cardiovascolare ma non è necessariamente associato allo stress ossidativo:
La velocità di eritrosedimentazione (VES) e la proteina C reattiva (PCR) sono affidabili indicatori di condizioni infiammatorie, caratterizzata da un aumentato livello di radicali liberi, ma la loro negatività non esclude una condizione di stress ossidativo in atto. Pertanto, ai fini di una corretta diagnosi di stress ossidativo, le comuni indagini di laboratorio sono inappropriate e del tutto insufficienti.
Come possiamo capire quanti radicali liberi abbiamo per poterli modulare e avere la capacità di invecchiare lentamente e in salute?
Il d-ROMs test
Il panel messo a punto dal chimico pientino Mauro Carratelli prevede la determinazione per via fotometrica sia della capacità ossidante totale (d-ROMs test) sia della barriera antiossidante plasmatica (BAP test, anti-ROMs test, OXY–Adsorbent test e – SHp test) in campioni biologici (a seconda dei casi, sangue intero, plasma, siero, estratti tissutali o cellulari). Questi test, fatti sul prelievo di sangue, possono essere eseguiti non solo con un comune fotometro (manualmente) ma anche con un analizzatore multiplo (in automatico).
Il d-ROMs test, attraverso una misura accurata dello stato ossidante, fornisce al clinico un’informazione, non acquisibile con lo studio di nessun altro dei test biochimici attualmente disponibili, sullo stato generale di benessere dell’organismo, stato che dipende ampiamente, appunto, dal ritmo con cui avvengono le ossidazioni biologiche. I suoi valori, pertanto, sono uno specchio fedele dello stato di attività dei processi ossidativi endogeni (respirazione cellulare) e reattivi (infiammazione) e, quindi, della velocità con cui sta procedendo in quel determinato momento il fisiologico processo di invecchiamento.
Perciò è un test utile per chiunque decida di prevenire la malattia, invecchiare lentamente e mantenere il suo organismo in equilibrio!
La soluzione SDrive: il bulbo del capello, 15 minuti
La bio fisica ci mette a disposizione strumenti nuovi per valutare lo stato di benessere dell’organismo. Fra questi, c’è SDrive, una tecnologia di nuova generazione che –grazie al bio marker più potente che abbiamo ovvero il capello- mappa tutti i fattori di interferenza e squilibrio del nostro corpo.
In particolare, SDrive è in gradi di dirci a che livello sono tutti i sistemi antiossidanti dell’organismo, rilevandoli uno a uno, è in grado di darci lo stato infiammatorio grazie alla misurazione degli acidi grassi essenziali e ci dice esattamente quante e quali vitamine, amminoacidi, minerali ci mancano.
SDrive mappa oltre 800 marcatori epigenetici rivelandosi una risorsa preziosa per ogni clinico e per un approccio integrato, personalizzato, predittivo alla cura del paziente.