L’ORIGINE DEL MITOCONDRIO: la teoria endosimbiontica Il mitocondrio presenta alcune caratteristiche tipiche dei batteri: la presenza di un DNA circolare a doppia elica, la presenza di ribosomi liberi e una doppia membrana.
INTRODUZIONE
Come i batteri, i mitocondri non hanno proteine istoniche ed i loro ribosomi sono sensibili ad alcuni antibiotici.
Inoltre i mitocondri sono organelli semiautonomi in quanto replicano, per scissione binaria, autonomamente rispetto alla cellula. Considerando queste similitudini, la teoria endosimbiontica afferma che i mitocondri deriverebbero da batteri ancestrali, dotati di metabolismo ossidativo, che sarebbero stati inglobati dalle cellule eucariote con conseguente mutuo beneficio. Nel 2011 una ricerca sulle origini delle cellule eucariotiche pubblicata su Nature ha chiarito perché i mitocondri sono stati fondamentali per l’evoluzione della vita complessa (Thrash et al., 2011). La chiave sarebbe racchiusa nel fatto che le cellule eucariotiche devono sintetizzare molte più proteine delle cellule procarioti, e possono farlo solo grazie ai mitocondri, cellule simbiontiche ottimizzate per produrre molta energia e consumarne pochissima. È stato calcolato che questo dà un vantaggio energetico alle cellule eucariote da 3 a 4 ordini di grandezza in più.
Il ciclo vitale dei mitocondri
Il ciclo vitale dei mitocondri prevede periodi di fusione e fissione (divisione) (Figura 1). La vita di un mitocondrio è di circa 10 giorni. Dopo un evento di fissione, i mitocondri entrano in una condizione di stato solitario nel quale sono più lunghi di circa ~20-volte rispetto al periodo di fusione (Hales, K.G. 2010). Quando un mitocondrio è vitale, mantiene un potenziale di membrana polarizzato e può fondere con un altro mitocondrio. Tuttavia, se il mitocondrio depolarizza, perde di funzionalità, rimarrà solitario e potrà essere digerito tramite i perossioomi, mentre se ripolarizza potrà essere recuperato. Durante gli eventi di fusione alcune componenti funzionali si possono ridistribuire irregolarmente fra i mitocondri, di conseguenza due mitocondri dissimili possono essere generati dall’evento successivo di fissione. Il meccanismo che è alla base di questa asimmetria metabolica non è chiaro, ma potrebbe facilitare la capacità della cellula di segregare e rimuovere il materiale mitocondriale danneggiato velocemente.
I mitocondri cambiano ripetutamente la loro struttura morfologica dalla condizione di reticolo post-fusione a quella solitaria di post-fissione. La fusione è breve ed innesca la fissione. Hales, K.G. (2010).
Il genoma mitocondriale
I mitocondri sono dotati di un proprio DNA (mtDNA, Figura 2). L’mtDNA è estremamente piccolo, ha struttura circolare di 16.569 nucleotidi e contiene solamente 37 geni: 13 mRNA che codificano per alcune delle subunità proteiche dei complessi della catena respiratoria e 2 RNA ribosomali, (rRNA 12S e 16S) e 22 RNA transfer, (tRNA). Il 93% del DNA mitocondriale è codificante, tuttavia ha una struttura cromatinica diversa dal DNA nucleare: non è protetto dagli istoni e andando incontro a numerosissimi cicli di replicazioni è più soggetto agli errori della macchina replicativa (fonte di mutazioni anche nel nucleare). Inoltre i meccanismi di riparo sono meno efficienti rispetto al DNA nucleare.
Durante la fecondazione, i mitocondri presenti nel nuovo individuo (zigote) provengono solo dalla cellula uovo (ovocita). Una madre portatrice di una mutazione del mtDNA trasmetterà tale mutazione a tutti i propri figli, ma solo le figlie trasmetteranno a loro volta la mutazione alla loro progenie (eredità matrilineare). Al contrario dei geni nucleari che sono presenti nell’uomo in duplice copia (allele materno ed allele paterno), vi sono centinaia di molecole di mtDNA all’interno di ogni cellula. In un individuo normale, tutte le molecole di mtDNA sono identiche (omoplasmia).
Mutazioni deleterie del mtDNA generalmente colpiscono solo alcuni genomi mitocondriali; perciò, all’interno di ogni cellula e, conseguentemente, in ogni tessuto sono presenti due popolazioni miste di mtDNA: una normale ed una mutata (eteroplasmia). Solo quando il numero di genomi mutati supera un valore critico (effetto soglia) si inizia ad avere una riduzione dell’attività di fosforilazione ossidativa (OXPHOS) e la conseguente comparsa di manifestazioni cliniche di malattia mitocondriale.
Una donna portatrice di un DNA mutante di tipo etroplasmico, generalmente trasmette una quantità variabile di mtDNA mutante ai suoi figli. Questo può comportare un largo range di diversi fenotipi clinici nella generazione futura.
La maggioranza dei geni viene espressa nella stessa direzione e i geni per i tRNA sono interposti ai geni che codificano per gli rRNA o proteine. Il DNA mitocondriale umano viene trascritto in un unico trascritto primario e in seguito a processi maturativi sono rilasciati gli rRNA, i tRNA e gli mRNA. Questa organizzazione è simile a quella degli operoni batterici. infatti è presente un unico promotore per la trascrizione localizzato entro una regione chiamata ansa D (D-loop, displacement loop = ansa di dislocazione). La trascrizione inizia subito prima del gene per il tRNA che precede il gene per l’rRNA 12S, quindi prosegue lungo tutta la molecola circolare, per poi terminare all’interno dell’ansa D. Il filamento trascritto viene chiamato filamento H (heavy) l’altro è detto filamento L (light). All’interno della regione D-loop sono stati descritti tre segmenti, indicati con le sigle HVI, HVII e HVIII particolarmente predisposti a mutazioni. In queste regioni sono state osservate mutazioni, dovute principalmente a sostituzioni di basi in percentuale variabile. Sono state analizzate mediante sequenziamento su un numero elevato di individui anche altre regioni del mtDNA prone a mutazioni. Applicazioni forensi utilizzano la variabilità di tali siti per la risoluzione di eventi criminosi o nei casi d’identificazione personale.
La cooperazione del genoma nucleare e del genoma mitocondriale. Uno degli aspetti più affascinanti della sintesi mitocondriale è che questa richiede la cooperazione del genoma nucleare e del genoma mitocondriale. Servono circa 3000 geni per fare un mitocondrio. Il DNA mitocondriale codifica appena 37 di questi geni; i geni rimanenti sono codificati nel nucleo della cellula e le proteine risultanti sono trasportate al mitocondrio.
Solo circa il 3% dei geni necessari per fare un mitocondrio (100 dei 3000) sono destinati alla produzione di ATP. Più del 95% (2900 su 3000) sono coinvolti in altre funzioni legate ai compiti specializzati delle cellule differenziate nei quali risiedono. Come già scritto in precedenza, benché l’ mtDNA sia molto più piccolo, se confrontato con i 3,2×109 di nucleotidi ritrovati nel genoma nucleare, esso è fondamentale per la funzione del mitocondrio contribuendo con 13 mRNA, 22 tRNA e 2 rRNA. Le 13 molecole di mRNA codificano tutte per componenti proteiche della catena respiratoria mitocondriale, responsabile
per il trasporto di elettroni e la sintesi di ATP. Queste componenti comprendono solo una piccola frazione della catena respiratoria totale; qualcuna agisce da singola subunità proteica, ma la maggior parte si combinano con sub unità proteiche codificate nel nucleo per formare oloenzimi multisubunità, come COX o NADH deidrogenasi (Tabella I). La funzione di questi oloenzimi è chiaramente compromessa se il contributo di ciascun genoma viene meno. E’ noto che la trascrizione del mtDNA e la sua replicazione richiedono importanti enzimi codificati dal genoma nucleare, che agiscono come polimerasi o fattori di trascrizione.
Le patologie mitocondriali
Le malattie mitocondriali rappresentano un gruppo eterogeneo di sindromi cliniche accomunate da un deficit energetico del metabolismo mitocondriale. Nonostante il mitocondrio sia sede di varie vie metaboliche fondamentali, per malattie mitocondriali in senso stretto si intendono le sindromi associate al deficit della OXPHOS.
Poiché i mitocondri sono presenti in tutti i tessuti, le malattie mitocondriali possono colpire qualsiasi organo. Più spesso, però, interessano il muscolo ed il cervello data la maggiore richiesta di energia di questi tessuti, specie durante lo sviluppo. Per questo motivo, le malattie mitocondriali sono spesso definite come encefalo-mio-patie mitocondriali.
Le malattie mitocondriali sono molto variabili sul piano clinico, sia per quanto riguarda l’età di esordio sia per il tipo di evoluzione ed il tessuto coinvolto.
La classificazione delle malattie mitocondriali
L’identificazione di mutazioni del mtDNA ha fornito le basi per l’attuale classificazione dei disordini mitocondriali.
Un primo gruppo di malattie è caratterizzato dalla presenza di mutazioni del mtDNA, ad insorgenza sporadica, o a trasmissione materna. Un secondo gruppo è causato da mutazioni in geni nucleari che fanno parte o controllano la OXPHOS. Queste malattie sono spesso classificate sulla base delle sole alterazioni biochimiche rilevate dall’analisi dei tessuti affetti (soprattutto muscolo scheletrico), perché i geni responsabili ancora non si conoscono, anche se molti progressi sono stati recentemente compiuti in questo campo.
FUNZIONI DEI MITOCONDRI: centrale energetica delle cellule La funzione principale dei mitocondri nelle cellule eucarioti è la sintesi di adenosintrifosfato (ATP) attraverso il metabolismo ossidativo di diversi substrati come i lipidi, i carboidrati e le
proteine.
Alla membrana mitocondriale esterna sono associati numerosi enzimi che partecipano a diverse reazioni della biosintesi degli acidi grassi e dei fosfolipidi e sono responsabili di alcune reazioni di ossidazione.
Anche lo spazio intermembrana contiene molti enzimi, come l’adenilato chinasi, che utilizzano l’ATP prodotto dai sistemi enzimatici presenti nella matrice e sulla membrana mitocondriale interna per fosforilare altri nucleotidi necessari al metabolismo cellulare.
La membrana mitocondriale interna contiene numerose proteine che possono essere riunite in tre gruppi principali: gli enzimi della catena respiratoria, coinvolti nella fosforilazione ossidativa; le proteine che costituiscono il complesso enzimatico detto ATP-sintetasi; le specifiche proteine vettrici (dette anche sistemi navetta) che regolano il passaggio di vari metaboliti (fosfato
inorganico, ADP, ATP, acidi di- e tricarbossilici, Ca2+ e alcuni amminoacidi) verso e dalla
matrice mitocondriale.
Il complesso dell’ATP-sintetasi forma piccole protrusioni, chiamate corpi elementari o particelle della membrana, ed è costituito da due componenti principali denominati F0 e F1; F1 sporge verso la matrice ed è attaccato tramite un peduncolo a F0 che è inserito nello spessore della membrana interna, attraversandola. Alla membrana mitocondriale interna si trovano associati anche due enzimi del ciclo dell’acido citrico, l’aconitasi e la succinato deidrogenasi. La matrice mitocondriale contiene una miscela concentrata di enzimi diversi, tra cui gli enzimi del ciclo dell’acido citrico, della β-ossidazione degli acidi grassi, il sistema della piruvato deidrogenasi; contiene inoltre: ATP, ADP, AMP, fosfato inorganico (Pi), NAD, NADP, il
coenzima A, vari ioni come K+, Mg2+ e Ca2+. Qui ha luogo il ciclo dell’acido citrico, i cui principali prodotti finali sono CO2, NADH + H+ e FADH2; questi ultimi due sono due trasportatori di elettroni costituiscono l’elemento di raccordo tra il ciclo dell’acido citrico e la fosforilazione ossidativa; essi cedono la propria carica elettronica agli enzimi della catena respiratoria, al
termine della quale si ha la formazione di ATP e acqua.
Gli elettroni provenienti dall’idrogeno di NADH + H e FADH2, formatisi nel ciclo dell’acido citrico, vengono trasportati lungo la catena del trasporto elettronico nella membrana mitocondriale interna (la catena respiratoria) e l’energia che si libera al loro passaggio serve a pompare protoni, attraverso la membrana mitocondriale interna, dalla matrice allo spazio intermembrana. Si instaura così un gradiente elettrochimico protonico tra i due lati della membrana mitocondriale interna e il flusso inverso di protoni lungo il gradiente serve a pilotare l’attività dell’enzima ATP-sintetasi, che catalizza la trasformazione ADP + Pi → ATP e conclude il processo della fosforilazione ossidativa. I gruppi che si susseguono lungo la catena respiratoria presentano affinità progressivamente crescente per gli elettroni: gli elettroni si muovono in cascata dal NADH a livelli energetici via via più bassi, andando da un complesso enzimatico al successivo fino a raggiungere l’ossigeno molecolare, che ha nei loro confronti la massima affinità. Gli enzimi della catena respiratoria sono in grado di trasportare un solo elettrone alla volta; dato che ogni NADH + H+ cede due elettroni e una molecola di ossigeno, per trasformarsi in acqua, deve riceverne il doppio, esistono lungo questa catena enzimatica dei punti di raccolta e dei punti di dispersione degli elettroni. Gran parte dell’energia liberata durante
il trasporto degli elettroni è utilizzata per sospingere i protoni idrogeno (H+) dalla matrice verso lo spazio intermembrana. Si genera così un gradiente di pH attraverso la membrana mitocondriale interna caratterizzato da una concentrazione di H+ nella matrice mitocondriale molto inferiore rispetto a quella presente nel resto della cellula. Il gradiente elettrochimico protonico prodotto ha l’effetto di spingere i protoni all’interno del mitocondrio attraverso il complesso proteico transmembranale dell’ATP-sintetasi che utilizza l’energia del flusso protonico per sintetizzare ATP, a partire da ADP e Pi, all’interno della matrice mitocondriale.
Grazie al gradiente elettrochimico protonico e all’azione di specifiche proteine vettrici, sia gli enzimi della matrice sia la stessa ATP-sintetasi ricevono i propri substrati in concentrazioni elevate mediante trasporto attivo.
Altra funzione vitale del gradiente elettrochimico della membrana mitocondriale interna consiste nel pompare ioni Ca2+ con un meccanismo attivo dal citoplasma cellulare alla matrice mitocondriale. Il meccanismo di accumulo del calcio nella matrice mitocondriale è di notevole importanza nella regolazione della concentrazione del Ca2+ nel citoplasma cellulare, in genere
molto bassa.
Esistono molti altri sistemi trasportatori (➔ navetta) attraverso la membrana mitocondriale interna, specifici per altre sostanze necessarie ai vari pathway metabolici del mitocondrio: per es., il piruvato per il ciclo dell’acido citrico. Il sistema navetta per l’acido grasso, ha l’effetto di tenere separati i pool extramitocondriale e intramitocondriale degli acidi grassi e del coenzima A (CoA). Gli acidi grassi sono attivati sulla membrana mitocondriale esterna, mentre la loro ossidazione ha luogo nella matrice mitocondriale; dato che le molecole di acil-CoA a lunga catena carboniosa non possono attraversare facilmente la membrana mitocondriale interna, vengono trasportate dalla carnitina.
Altre funzioni dei mitocondri I mitocondri sono coinvolti in numerose funzioni e processi biosintetici (sintesi del colesterolo,
del gruppo eme delle porfinine ecc.). I mitocondri rappresentano il sito principale di produzione dell’anione superossido (•O2−), un radicale dell’ossigeno che si forma durante il processo di fosforilazione ossidativa I mitocondri per generare energia, ossidano sostanze alimentari e riducono l’ossigeno ad acqua; per effettuare questa trasformazione l’O2 molecolare necessita di 4 e questa cessione di elettroni non avviene contemporaneamente, ma un elettrone per volta; quando la catena respiratoria funziona a regimi elevati gli elettroni sfuggono, e si ha la generazione di specie intermedie altamente reattive dell’ossigeno e instabili i “ROS”. la produzione di ROS, soprattutto l’esercizio intenso.
La cellula possiede dei sistemi di detossificazione che permettono l’eliminazione dei radicali liberi: antiossidanti endogeni quali le vitamine A, E e l’acido ascorbico ed enzimi come la catalasi e la superossidodismutasi (SOD).