Il premio Nobel per la chimica Ilya Prigogine, nel 1977 spiegava che gli organismi viventi sono “strutture dissipative”, ovvero che l’ equilibrio alterato da un sovraccarico porta al problema che definiamo malattia.
Il concetto di partenza è l’omeostasi: l’equilibrio dell’organismo, appunto. Un equilibrio alterato da decine di agenti nocivi che da 60 anni circa creano uno scompenso al nostro sistema corpo: sostanze chimiche, stress, inquinanti, zuccheri raffinati per la gran parte.
Ebbene, se usiamo il parallelismo della formula matematica, potremo dire che la salute è una frazione in cui numeratore (fattori di compensazione) e denominatore (fattori di disturbo) stanno in equilibrio. Quando i fattori di scompenso sono eccessivi, la formula si altera. Quali sono le operazioni vincenti per mantenere l’omeostasi? Quali elementi naturali sfodera il corpo per difendersi e fino a che punto può farlo?
Abbiamo meccanismi innati di difesa: ma non bastano
In un sistema altamente adattativo come il nostro sono presenti meccanismi innati di controllo: ad esempio il sistema nervoso autonomo e quello endocrino, che agiscono grazie a neurotrasmettitori e ormoni. Poi subentrano elementi esterni, in grado di interagire con il geni silenziandone alcuni e facendone esprimere altri: è quello che definiamo meccanismo epigenetico. L’espressione dei nostri geni è, per gran parte, nelle nostre mani. Dipende dai nostri comportamenti per oltre il 90%.
L’ago della bilancia fra stato di salute e malattia è l’ossigeno
Lo stato di ipossia -ovvero di mancanza d’ossigeno- rappresenta l’ago della bilancia fra stato di salute e di malattia. La mancanza di un elemento vitale, come l’ossigeno, determinata da innumerevoli fattori, rappresenta la rottura di quell’equilibrio che degenera verso la patologia.
Nel tumore, secondo il dottor Franco Canestrari, biologo e medico, già docente di biochimica clinica e biologia molecolare clinica presso Università di Urbino, “l’ipossia può portare alla degradazione della matrice extracellulare e quindi alla diffusione delle cellule neoplastiche via ematica o linfatica attraverso un meccanismo segnale via HGF-c/MET. La cellula neoplastica “disattiva i propri sensi che nello specifico sono i recettori di membrana e questo le permette di sfuggire ai controlli immunitari, regredendo in uno stadio più primitivo ma al contempo potenziando la sua funzione proliferativa con la disattivazione dell’apoptosi (morte cellulare)”.
Il fenomeno glicolitico (e ipossico) della cellula neoplastica
Secondo Canestrari il fenotipo glicolitico (che si nutre di zucchero) della cellula neoplastica è “diabolicamente interessante perché utilizzando una maggior quantità d glucosio tramite il GLUT-1, esprimendo isoforme di enzimi glicolitici dei punti strategici della glicolisi come la PKM2 e la LDH, si predispone, attivando i processi anabolici, per la sintesi di aminoacidi, acidi nucleici e fosfolipidi indispensabili nel caso di un’alta attività proliferativa. Per molti anni è stata trascurata la biochimica della cellula neoplastica, ma in realtà per una risposta terapeutica è proceduralmente corretto prima conoscere questi aspetti”.
Le cellule neoplastiche creano un nuovo equilibrio, ingannando anche il sistema immunitario
Le cellule cancerose catabolizzano i nutrienti in modo diverso da quelle sane: queste ultime traggono energia dal processo di fosforilazione ossidativa mitocondriale attraverso il ciclo di Krebs, mentre le cellule tumorali prediligono la via glicolitica
In sostanza, il prof Canestrari sottolinea come le cellule neoplastiche eludano il mitocondrio, mostrando una resistenza all’apoptosi e un maggior fabbisogno di glucosio per la loro attività glicolitica fermentativa.
Per quest’ultima finalità le cellule tumorali mostrano una sovra- espressione del recettore di membrana per il glucosio il GLUT-1. La cellula neoplastica vive bene e prolifera in ambiente ipossico e conseguentemente acido ( 2,3 ) con il coinvolgimento della matrice extracellulare, che essendo un componente meno dinamico, risente maggiormente degli stimoli nocivi quali quelli ossidativi
Nello svolgimento della formula matematica che porta alla salute, alcuni integratori sono fondamentali
Per l’omeostasi, ovvero l’equilibrio dell’organismo e la sua preservazione da uno stato di pericolosa ipossia, alcuni integratori di origine naturale agiscono con diverse modalità per ripristinare la via energetica mitocondriale.
Oggi si preferisce parlare di modulatori fisiologici cioè di tutti gli “elementi essenziali” per il mantenimento della salute o come supporto importante in situazioni patologiche. In questo contesto Cellfood® si pone tra le miscele naturali con il vero ruolo di modulatore cellulare dell’ossigeno in grado quindi di aumentarne il suo utilizzo e conseguentemente la produzione di ATP: nel caso della popolazione cellulare neoplastica si dimostra altresì in grado di determinare lo “shift metabolico” in vitro, ripristinando la normale attività mitocondriale e rendendo le cellule tumorali di nuovo suscettibili all’apoptosi.
La ricerca svolta su Cellfood della dottoressa Benedetti sulle linee tumorali
Le prove sperimentali condotte su linee tumorali in coltura hanno dimostrato che Cellfood® è in grado di ridurre la proliferazione cellulare attraverso un meccanismo apoptotico, documentato da un’aumentata attività della proteina pro-apoptotica caspasi-3 e dalla frammentazione del DNA, tipica della fase tardiva dell’apoptosi. Con tutta probabilità il pathway apoptotico coinvolto è quello mitocondriale. L’induzione dell’apoptosi da parte di Cellfood® è verosimilmente legata alla perturbazione del metabolismo energetico della cellula tumorale; infatti nelle linee tumorali trattate con Cellfood® è stata osservata una riduzione dell’attività dell’enzima LDH e della quantità di lattato rilasciato nell’ambiente extracellulare rispetto alle cellule non trattate.
Inoltre Cellfood® si è dimostrato in grado di inibire il fattore ipossico HIF-1, che svolge un ruolo chiave nella regolazione del fenotipo glicolitico, e di ridurre l’espressione del trasportatore di membrana GLUT-1, dimostrando un chiaro ruolo nell’indurre modificazioni a livello metabolico nelle cellule tumorali trattate.
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