L’ossigeno è il carburante essenziale del corpo. Con esso, le cellule producono l’energia necessaria alla vita.
Se manca ossigeno, si configura uno stato che è definito ipossia e che mette a rischio la nostra salute.
Cosa succede se al corpo manca ossigeno? Ce lo spiegano tre Nobel
Cercheremo di rispondere di pari passo con le scoperte che la scienza ha fatto dal 1990 a oggi: l’ultima è quella dei premi Nobel Gregg Semenza (John Hopkins Univesrity), Sir Peter J. Ratcliffe (Oxford University) e William G. Kaelin (harvard Medical School), che hanno dimostrato i meccanismi con cui le cellule si adattano ali livelli di ossigeno.
Trent’anni di ricerca rispondono alla nostra domanda, facendoci comprendere che il primo elemento da integrare, nel nostro organismo, è proprio questo!
Come fa il DNA ad accorgersi della mancanza di ossigeno?
Quando andiamo in alta quota, dove l’ossigeno è più rarefatto, il nostro corpo reagisce alla mancanza di ossigeno.
Nei primi anni 90 è stata infatti identificata l’eritropoietina (EPO), sostanza di risposta quando al corpo manca ossigeno.
Lì, sono sorte le prime domande “molecolari”: come fa il DNA ad accorgersi della mancanza, come viene comunicata questa informazione per controllarne l’espressione genetica e come fa il DNA a sapere che la risposta è sufficiente!
Nel 1991, Gregg Semenza identifica una proteina di risposta all’ipossia, ovvero alla mancanza di ossigeno. La chiama Hypoxia Inducing Factor (HIF1), che va a controllare l’espressione genica del fattore EPO.
Nel 2001 Ratcliffe, inizialmente solo e poi con Kaelin, identificò un sensore dell’ossigeno (VHL) capace di attivare questo meccanismo genico.
Negli ultimi anni, tanti ricercatori hanno studiato il fattore HIF-VHL, ovvero i meccanismi legati alla mancanza di ossigeno e alle sue conseguenze.
Queste risposte svolgono un ruolo fondamentale in fisiologia (respirazione, metabolismo, risposte immuni, adattamento alle altitudini) e patologia (anemia, cancro, infarto cardiaco, ischemia cerebrale).
Trent’anni di lento progredire scientifico che aprono la strada a nuove, potenziali terapie.
Ipossia: se manca ossigeno, la vita aerobica entra in crisi
La vita aerobica si è evoluta in modo tale che la sua mera sopravvivenza dipenda dall’ossigeno molecolare. La fosforilazione ossidativa mitocondriale richiede necessariamente ossigeno per generare energia utile negli aerobi come l’uomo e gli altri mammiferi. L’omeostasi di questi organismi è rigorosamente mantenuta grazie ad uno stato ottimale di ossigenazione cellulare e tessutale controllato da complessi meccanismi sensori dell’ossigeno, reazioni a catena che fungono da segnali e processi di trasporto. Nel caso si verifichi una fluttuazione dei livelli di ossigeno che determini un aumento (iperossia) o una diminuzione (ipossia) di ossigeno molecolare, l’organismo si ritroverebbe ad affrontare una crisi che comporterebbe la deplezione delle riserve energetiche, alterazioni dei segnali a cascata, reazioni/eventi ossidativi, e morte cellulare o danno tessutale.
Cosa succede quando manca ossigeno? La cellula lavora di più e rilascia acido lattico e monossido di carbonio
Una normale cellula in perfette condizioni di salute brucia (metabolizza/ossida) ossigeno e glucosio per produrre energia. Come risultato di tale processo, rilascia anidride carbonica e acqua (metabolismo cellulare aerobico).
Una cellula con insufficiente quantità d’ossigeno, per produrre energia, brucia prevalentemente glucosio (metabolismo cellulare anaerobico).
Questo processo di combustione (fermentazione di zucchero) ha come risultato, il rilascio di acido lattico e monossido di carbonio, invece di acqua e anidride carbonica.
Una cellula che lavora anaerobicamente (poco ossigeno) deve lavorare molto di più, rispetto a una cellula “ossigenata”, per produrre la stessa quantità di energia.
Ipossia: quando manca ossigeno, lo strato lipidico si indebolisce e vi è un maggior rischio di attacco dei patogeni
Ogni cellula del corpo è circondata da uno strato di grasso, chiamato tessuto lipidico, responsabile della sua protezione dall’attacco di batteri, virus e radicali liberi. Quando una persona è in carenza di ossigeno, lo strato lipidico s’indebolisce rendendo vulnerabile la cellula.
Compito del nostro sistema immunitario (globuli bianchi) è quello di ossigenare tali cellule così da renderle protette e ben funzionanti.
Ovviamente, si deve però avere abbastanza ossigeno a disposizione e la respirazione, spesso insufficiente, non ci permette di assimilarne la quantità necessaria per proteggere la nostra salute. Ecco pure perché, l’integrazione di ossigeno, si rivela un grosso aiuto.
La giusta quantità di ossigeno ci permette di assimilare gli alimenti
Una migliore ossigenazione generale permette al nostro organismo di assimilare meglio le proprietà nutritive(sali minerali vitamine) presenti negli alimenti, rendendo anche più efficaci le integrazioni vitaminiche o alimentari.
Al contempo, una maggiore presenza di ossigeno nel nostro corpo, permette all’organismo di lavorare meglio, quindi anche di depurarsi, in quanto, attivando le funzioni organiche, vengono anche stimolate quelle preposte alla disintossicazione del corpo.
Assumere ossigeno: la via migliore per disintossicarsi, aumentare energia, aiutare le cellule
Fra gli integratori di ossigeno, uno dei più potenti è CELLFOOD®, noto anche come Deutrosulphazyme: esso trova applicazione in patologie che vanno dall’invecchiamento cellulare all’insorgenza di disordini cronico-degenerativi, quali aterosclerosi, neurodegenerazione e neoplasie.
CELLFOOD® è una formula altamente concentrata contenente 78 elementi e minerali in forma ionica e colloidale presenti in tracce, combinati con 34 enzimi e 17 aminoacidi, il tutto sospeso in una soluzione di solfato di deuterio. Questo integratori dà al corpo la quantità di ossigeno che gli serve, non una molecola in più.
Assumere ossigeno, vuol dire attivare le naturali funzioni vitali dell’organismo, disintossicarsi e aumentare così l’energia a disposizione del corpo e della mente. Inoltre, vuole dire ridurre il lavoro anaerobico delle cellule, diminuendo la produzione dell’acido lattico e incrementando di conseguenza l’energia a disposizione.
Inoltre CELLFOOD® si è dimostrato in grado di inibire il fattore ipossico HIF-1, molto importante nell’oncogenesi. Gli studi scientifici fino ad oggi effettuati suggeriscono che CF può essere un valido coadiuvante nella prevenzione e nel trattamento di varie condizioni fisiologiche e patologiche legate allo stress ossidativo, dall’invecchiamento cellulare alla neurodegenerazione e al cancro.
Grazie infatti alle sue proprietà antiossidanti, ossigenanti e pro-apoptotiche, CF potrebbe essere un buon candidato nella prevenzione oncologica e apportare importanti benefici clinici in associazione con la terapia antineoplastica standard.
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