Il DNA interagisce con l’ambiente di Daniela Conti
“Non posso farci nulla. E’ scritto nel mio DNA”
Quante volte abbiamo detto, letto o sentito frasi come questa? Semplice ed efficace, è la vulgata popolare della stessa concezione espressa alla fine degli anni ‘80 da James Watson, scopritore nel 1953 insieme a Francis Crick della struttura a doppia elica del DNA. E’ infatti di Watson la famosa frase: “Una volta eravamo soliti pensare che il nostro destino fosse scritto nelle stelle.
Oggi sappiamo che il nostro destino è scritto, in larga misura, nei nostri geni”. Interpretata in senso stretto, questa frase vuol dire che siamo predeterminati fin dal momento del nostro concepimento, fin dalla fusione tra il corredo genetico paterno e quello materno. Dall’aspetto esteriore alla fisiologia, fino a caratteri complessi come l’intelligenza, la psicologia e le malattie degenerative, tutto starebbe scritto nei nostri geni fin dall’inizio. In questa visione, cui si dà il nome di riduzionismo, ogni essere vivente è riducibile alla molecola del suo DNA, unica fonte dell’identità dell’individuo.
Il mito del ‘libro della vita’
Dalla scoperta della doppia elica e per tutti gli anni ‘60, il rapido sviluppo della genetica molecolare portò a decifrare il ‘codice genetico’.
Furono, cioè, individuati i diversi passaggi con cui ‘l’informazione’ contenuta nella sequenza delle 4 basi azotate (le ‘lettere’ A, C, T, G) che compongono i geni nel DNA viene prima trasferita, mediante un processo di ‘trascrizione’, in un ‘messaggero’ di RNA ‘tradotto’ poi in proteina. In una prima definizione (che in seguito ha dovuto essere aggiornata e rivista molte volte e che ancora non ha una forma definitiva), un gene era quindi la ‘unità ereditaria’ per un carattere, in pratica la sequenza di basi nel DNA contenente l’informazione per la sintesi di una catena proteica coinvolta nella manifestazione di un certo tratto.
La metafora del ‘libro della vita’ centrata sui geni, quali unici determinanti dei caratteri e agenti autonomi da altre influenze, è stata al fondamento della genetica molecolare, ed è culminata negli anni ‘70 nell’invenzione delle tecniche per l’ingegneria genetica. Ora il DNA, il linguaggio universale in cui sono scritte le istruzioni per costruire i viventi, poteva essere manipolato a nostro piacimento.
Adesso era possibile costruire in laboratorio nuovi organismi ibridi, ricombinando geni di specie anche lontanissime, come mammiferi e batteri. Primario, quindi, conoscere il manuale delle istruzioni di ogni specie vivente, sfruttando le nuove tecniche di sequenziamento rapido e automatico del DNA. il genoma umano non poteva sfuggire a questa febbre.
La metafora del libro si manifestò in tutta la sua potenza il 26 giugno 2000 nelle parole con cui Francis Collins, lo scienziato a capo della parte pubblica del Progetto Genoma Umano, partecipò all’annuncio che la sequenza di basi nel DNA umano era stata completata (in realtà, la sequenza dell’ultimo cromosoma fu pubblicata nel 2006). Queste le parole di Collins: “Mi fa sentire molto piccolo, e mi ispira un profondo timore reverenziale, rendermi conto che abbiamo per la prima volta gettato lo sguardo sul libro in cui sono scritte le nostre istruzioni, note finora soltanto a Dio”.
Il brevetto sui geni e la ‘mutazione genetica’ della ricerca
Dagli anni ‘80 fino a oggi, la corsa alla decifrazione del DNA di quante più specie possibile, e all’uso di tecniche genetiche sempre più sofisticate per modificare il DNA degli organismi, è continuata senza soste a un ritmo esplosivo.
La miccia che ha innescato questa corsa tumultuosa è stata, nel 1980, la sentenza con cui la Corte Suprema americana riconobbe a un ricercatore il diritto di brevetto su un microrganismo da lui modificato.
Il DNA e i geni, fino ad allora considerati bene comune dell’intera umanità, potevano quindi rientrare tra i beni privati.
La ricerca genetica, fino a quel momento un’impresa prevalentemente pubblica, entrò allora nella sfera d’influenza della Big Science dominata da colossi industriali privati, in grado di investire grandi capitali nella caccia ad applicazioni tecnologiche capaci di rendere alti profitti su scala globale e sul breve periodo.
La caduta del mito del DNA e la scoperta dell’epigenetica
Ma proprio a partire dagli anni ‘80 la metafora del ‘manuale di istruzioni’ iniziò a mostrare molti limiti. Illuminante a questo riguardo è l’articolo Unraveling the DNA mith (Il mito del DNA, categoria Ingegneria genetica di questo blog) scritto nel 2002 dal grande biologo cellulare Barry Commoner, oggi scomparso.
(Sulle scoperte di quegli anni che contraddicevano la teoria gene-centrica dominante, si può vedere anche nella categoria Ingegneria genetica di questo blog Organismi transgenici e clonazione.)
Sul finire degli anni ‘90 era ormai chiaro che il riduzionismo era solo una spiegazione troppo semplificata dell’attività dei geni. La metafora del libro della vitaLong Description.
Per oltre un decennio si erano andate accumulando le prove che il genoma funziona in quanto sistema di reti di geni, tanto che il prodotto di certe sequenze geniche può variare a seconda del contesto, ovvero dell’insieme degli altri geni attivi nella cellula.
Inoltre era ormai chiaro che il genoma è dotato di una dinamicità fino ad allora insospettata, data l’estrema flessibilità che mostra nel rispondere al variare delle condizioni presenti nell’ambiente.
Prove innumerevoli avevano ormai dimostrato che lo sviluppo e il funzionamento di un organismo non dipendono solo dalla sequenza di basi nel suo DNA, ma anche da processi chimici che agiscono sulla architettura della doppia elica senza modificarne le sequenze.
A questo insieme di processi è stato dato il nome di “epigenetica” (dal greco epì, sopra, i geni) per sottolineare che si tratta di eventi che coinvolgono le sequenze geniche senza però cambiarle.
I processi epigenetici in breve
Rimodellamento della cromatina Dentro le cellule, il DNA non è ‘nudo’ ma legato a proteine chiamate istoni; l’insieme di DNA e proteine istoniche costituisce la cosiddetta cromatina. Possiamo immaginare il DNA contenuto in ogni cellula come un lungo nastro, formato dalle sequenze di basi che costituiscono i geni e che contengono il codice per sintetizzare i prodotti genici, i quali consistono in proteine oppure in RNA. Il nastro del DNA si avvolge intorno a ‘rocchetti’ di istoni e si spiralizza. In questa maniera si forma una cromatina molto compatta, a un grado tale che i 2 metri del nostro DNA riescono a stare dentro il piccolo nucleo di una cellula invisibile a occhio nudo.
Perché l’informazione inscritta nella sequenza genica possa portare alla sintesi di proteine o di RNA, la cromatina deve ‘rilassarsi’, cioè divenire meno compatta, e dare libero accesso sul DNA alle molecole (p.e. gli enzimi) che effettuano la lettura del codice per la sintesi dei prodotti genici. Uno dei principali processi epigenetici consiste appunto nel rimodellamento della cromatina tramite il legame di speciali gruppi chimici sulle proteine istoniche.
*Col rilassamento della cromatina diventano accessibili i geni i cui prodotti devono essere sintetizzati per soddisfare le esigenze del momento, mentre col compattamento vengono silenziati i geni per prodotti al momento non necessari.
il DNA si lega agli istoni
Il DNA si avvolge intorno alle proteine istoniche e si spiralizza; si forma così una cromatina molto compatta organizzata nei cromosomi, che diventano visibili al microscopio.
Regolazione dell’espressione genica
In qualsiasi organismo, anche complesso come il nostro, il corredo genetico è identico in tutte le cellule, poiché derivano per divisione da un’unica cellula originaria: l’uovo fecondato. Ma durante lo sviluppo embrionale le cellule, pur essendo geneticamente identiche, cominciano dopo alcune divisioni a differenziarsi in tipi cellulari diversi per forma e funzione: alcune diventeranno cellule del cuore, altre del cervello, altre del fegato, ecc..
La formazione di tipi cellulari differenti non dipende quindi dal DNA, uguale in tutte le cellule, bensì dai quadri epigenetici di metilazione (spiegati più sotto) che l’embrione eredita dallo spermatozoo e dall’uovo all’atto della fecondazione (imprinting). In seguito le cellule si rinnovano periodicamente grazie agli strati di cellule staminali, che mantengono per tutta la vita la capacità di differenziarsi nel tessuto corretto grazie all’eredità di quadri epigenetici specifici per le cellule di un dato tessuto. Tale capacità è il requisito essenziale perché l’organismo possa funzionare bene e in salute.
La formazione dell’intero organismo dipende quindi dall’attività bene orchestrata dell’insieme dei geni: alcuni dovranno essere attivi (cioè accesi, espressi) solo in alcune cellule ed essere inattivi (cioè spenti, silenti) in altre, e viceversa.
Questo complesso quadro di influenze dipende dal legame di particolari gruppi chimici, detti metili, su certe posizioni nei geni: il legame dei metili spegne il gene, la loro rimozione lo accende.
Oltre a regolare i processi dello sviluppo embrionale e cellulare, la metilazione è determinante per la generale regolazione dell’espressione genica: i segnali che arrivano alla cellula dall’esterno (p.e. temperatura, nutrienti, eventi traumatici ecc..) faranno variare l’attività complessiva della rete dei geni, accendendone alcuni e spegnendone altri. In questo modo il funzionamento della rete dei geni viene adeguato, momento per momento, alle esigenze dell’organismo.
I fattori ambientali quindi causano particolari risposte da parte della rete genica, risposte che sono variabili da individuo a individuo in base al suo DNA e che, oggi è dimostrato, sono ereditabili e trasmissibili alle generazioni successive.
Quindi le condizioni vissute da una madre in gravidanza, p.e. inquinamenti ambientali o diete non adeguate, possono ripercuotersi con effetti negativi sulla salute del bambino che si sta formando e anche della sua futura progenie.
Poiché i quadri di metilazione sono reversibili, il ripristino di condizioni ambientali più salubri può riportare il funzionamento genico verso la normalità fisiologica.
Importanza dell’epigenetica per il cambio di paradigma in biologia
Come abbiamo visto, per gran parte del Novecento la genetica si è basata su una visione DNA-centrica che è poi divenuta il fondamento teorico dell’ingegneria genetica, il cui modus operandi implica la modifica del DNA degli organismi. Al cuore di questa visione vi era il ‘dogma centrale’ della biologia molecolare. Formulato da Francis Crick, questo assioma postulava che il flusso dell’informazione genetica procedesse in un’unica direzione a partire dal DNA:
DNA – RNA – proteine (caratteri) – ambiente
Secondo Crick, la scoperta anche di una sola eccezione a questa regola avrebbe significato il crollo dell’intero edificio.
Ebbene quell’edificio era già crollato al momento in cui Collins annunciò la conclusione del Progetto Genoma Umano, vent’anni fa. E tuttavia la visione DNA-centrica ha continuato a dominare praticamente indiscussa nella comunicazione mediatica, nei testi scolastici e anche in molti ambienti scientifici.
Al punto che attualmente si sta prendendo in considerazione la possibilità di ‘migliorare’ il DNA embrionale umano intervenendo sulla sua sequenza (in realtà, tre tentativi concreti sono già stati compiuti.
Su questo argomento si possono leggere nella categoria Ingegneria Genetica di questo blog gli articoli He Jiankui parla al summit di Hong Kong e Prove di selezione innaturale e nella categoria Ultime Notizie Condannato He Jiankui ).
Tuttavia è dimostrato da decenni che il DNA non determina le nostre caratteristiche per mezzo di istr)uzioni fisse, dipendenti in modo univoco dalle sequenze di basi. Piuttosto si deve parlare di predisposizioni inscritte nelle sequenze; saranno poi le interazioni fra geni e con le influenze ambientali a dare attuazione a potenzialità differenti e alternative.
Ad esempio, possedere i geni per una malattia genetica molto spesso non vuole dire che necessariamente ci ammaleremo; oltre ai geni saranno determinanti anche gli altri fattori. L’epigenetica ha messo una parola ‘fine’ definitiva alla visione DNA-centrica svelandoci un quadro di stupefacente complessità. Il flusso lineare dell’informazione postulato dal ‘dogma centrale’ si è rivelato in realtà circolare. Con l’epigenetica il cerchio si chiude, dimostrando che per lo sviluppo e il funzionamento di un organismo è ugualmente essenziale il flusso d’informazione in direzione opposta:
Ambiente – proteine – RNA – DNA
Il DNA è la banca-dati che registra e conserva le informazioni utili alla vita dell’organismo e al tempo stesso, per suoi processi intrinseci, ne crea continuamente di nuove – nuovi esperimenti su cui poi l’ambiente agisce operando la selezione naturale. Il DNA dell’epigenetica ci appare una memoria dinamica che, in unione con le proteine, si rimodella e trasforma in un processo continuo di adattamento all’ambiente e di creazione evolutiva.
Le scelte, su quali dati utilizzare e come, sono operate dal sistema cellula/organismo.
i sistemi viventi sono complessiLong DescriptionE’ la cellula in quanto unità integrata e coevoluta di tutte le sue componenti (proteine, DNA, RNA) a ricevere e interpretare il flusso dei segnali in ingresso, elaborandoli fino a estrarne altri segnali che vanno a rimodellare la cromatina, attivare geni e silenziarne altri.
Il nostro sguardo si apre ora su un quadro di tale complessità e dinamismo da riempirci di reverenziale meraviglia: tanti livelli di regolazione sovrapposti, intrecciati e interattivi, che mediano fra le reti dei geni e il mondo esterno.
Perciò la qualità dell’ambiente assume un’importanza cruciale: acqua, aria, suolo, clima – tutti elementi oggi fortemente degradati – si dimostrano le vere leve su cui agire per salvaguardare la salute degli ecosistemi e delle specie, la nostra compresa.
L’epigenetica ci offre potenti motivazioni scientifiche per ribaltare la prospettiva DNA-centrica, e antropocentrica, con cui attualmente ci rapportiamo al mondo. La metafora del ‘libro di istruzioni’ salta completamente.
E’ la vita che ci appare, nel suo straordinario dispiegarsi creativo dove tutto è mutevole e nulla è meccanicamente prevedibile, e dove interrelazione, scambio e resilienza sono qualità intrinseche a ogni forma che vive.
La macrocategoria “Epigenetica”
E’ mia intenzione riportare in questa macrocategoria alcuni degli studi più interessanti che stanno dimostrando l’importanza dei processi epigenetici per la salute umana, ma non solo. Sono molti, infatti, i fenomeni finora misteriosi su cui l’epigenetica sta gettando una nuova luce. Ad esempio, avranno qui ampio spazio fenomeni come ‘l’intelligenza’ che, attraverso capacità di memoria e di elaborazione, si manifesta in tutti i viventi, animali e vegetali, fino alle forme di vita unicellulari.
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La rivoluzione epigenetica nella medicina funzionale nell’era dell’inquinamento .
Un nuovo paradigma per la medicina e la prevenzione