L’ossigeno è vita. Le tue cellule ne hanno abbastanza?

“Ogni sofferenza cellulare dipende dalla carenza di ossigeno”. Così diceva Guyton, autore di uno dei best seller di fisiologia.
Gli organismi viventi hanno iniziato a differenziarsi ed evolvere proprio quando sul nostro pianeta l’atmosfera si è arricchita di quantità significative di ossigeno. (Jang et al. 2012). Ma come per ogni altra cosa su questo piano, l’equilibrio, l’omeostasi, la giusta dose, rappresentano sempre la salute e l’armonia.
E l’ossigeno non fa eccezione: quando è poco si entra in condizione di ipossia, quando è troppo si parla di iperossia. La condizione auspicabile sarebbe la normossia ma come vedremo non è facilmente misurabile: lo stress ossidativo non dà sintomi evidenti! 

Quanta energia (e quanto ossigeno) ci serve?

Per soddisfare le esigenze energetiche del metabolismo basale di una persona “media”, l’organismo deve produrre ogni giorno almeno 300 moli di ATP (energia di idrolisi 7,3 kcal/mole), per generare le quali sono necessarie 100 moli di ossigeno molecolare (O2).
Però il motore della nostra cellula, i mitocondri, non è una macchina perfetta (Richter ed al 1995). Le reazioni avvengono in modo sequenziale generando tre differenti specie reattive all’ossigeno: l’anione superossido, il radicale idrossile (il più istolesivo) e il perossido di idrogeno.
Perciò, già in condizioni di normalità una persona genera scorie metaboliche quantificabili in 3-6 moli complessive di ROS (Reactive Oxygen Species). E i ROS, a loro volta, sono solo una delle tante specie chimiche ossidanti (SCO) prodotte dall’organismo. 

Basta la semplice esposizione della pelle al sole per generare ROS

Basti pensare che la semplice esposizione di una piccola parte della pelle  alle radiazioni solari genera una mole, per effetto della fotolisi completa di appena 18 g di acqua, ossia 6×10  alla 23 di radicali idrossili (Rutherford e Boussac, 2004).

Perché parliamo solo di radicali liberi?

Alcune di queste specie chimiche reattive presentano un elettrone esterno isolato, anziché in coppia e per questo vengono definite radicali liberi.
Per intenderci queste specie assolvono a funzioni necessarie, non solo a livello dei mitocondri ma nel contesto della plasmamembrana o nel reticolo endoplasmatico e nel citosol: ad esempio funzione di difesa contro i patogeni, trasduzione di segnali bio-chimici, controllo del flusso sanguigno (Bompiani e Galluzzo, 1990).  Il problema è che tutte le SCO, in particolare quelle radicaliche, tendono a raggiungere la stabilità sottraendo equivalenti riducenti a molecole bersaglio di qualsiasi natura.  Per questo, se in eccesso, le specie chimiche ossidanti diventano pericolose. 

Lo stress ossidativo: la rottura dell’equilibrio che porta distonia e invecchiamento precoce

Il nostro corpo ha sviluppato un sistema antiossidante classificato secondo una precisa gerarchia: in testa abbiamo la glutationeperossidasi (GPx), la superossidodismutasi (SOD) e la catalasi (CAT).
Quando si verificano i problemi? Quando il sistema antiossidante non è più in grado di fronteggiare l’attacco di una produzione esuberante di SCO (Favier, 2006).
Se non corretto, lo squilibrio può estendersi dalla cellula ai tessuti e organi con conseguente accelerazione del processo di invecchiamento e insorgenza o aggravamento di numerose patologie.
Lo stress ossidativo dà origine a una serie di alterazioni biochimiche che possono condurre finanche alla morte cellulare (Comporti, 2011). 

Sotto quale soglia il deficit di ossigeno diventa fatale? Il fattore HIF e l’ipossia

Teniamo conto della lezione di Guyton, ma anche di quella dei Nobel Semenza, Ratcliffe e Kaelin: nelle cellule c’è un meccanismo che regola l’attività dei geni in risposta al variare dei livelli di ossigeno.
È fondamentale per la nostra salute che il livello di ossigeno rimanga accettabile affinché  l’attività metabolica avvenga in modo sano.
L’abbassamento della pressione parziale di ossigeno al di sotto della soglia critica di 60mm di mercurio nel sangue arterioso favorisce la degradazione cellulare del glucosio non ad anidride carbonica e acqua ma ad acido lattico.
Siamo al principio di un iter dannoso: l’acido lattico, accumulandosi nel micro circolo, attiva attraverso l’abbassamento del pH importanti meccanismi di compenso. Se non corretta, la micro acidosi indotta da ipossia (mancanza di ossigeno) favorisce il rilascio dalle proteine carrier del ferro (transferrina) e del rame (ceruloplasmina)  in ROS, perché i prodotti dell’insulto ossidativo cellulare non vengono più adeguatamente rimossi dalla GPx.

Il danno si estende dalle cellule alla matrice extra cellulare

Questa deviazione verso il lattato diventa lesiva anche per la matrice extra cellulare, con esito finale della cosiddetta disfunzione endoteliale, momento patogenetico comune a tutte le malattie cardiovascolari (Montero, 2012, Halliwell e Gutteridge, 1990).
I perossidi (ROOH)prodotti dall’insulto ossidativo cellulare, superata una soglia critica vengono espulsi dalle cellule e immersi nella matrice extra cellulare e quindi nel sangue.
Qui se trovano le condizioni ottimali possono essere convertiti in radicali liberi, in grado di ossidare il colesterolo e danneggiare l’endotelio. 

Come si misura lo stress ossidativo?

Lo stress ossidativo non dà luogo a dei sintomi caratteristici né si manifesta con un quadro clinico patognomonico. Normalmente, i test di laboratorio che lo rivelano sono specifici: d-ROMs test, che misura la capacità ossidante totale del plasma/siero nei confronti della N N dietilparafenilendiammina e BAP test che valuta il potenziale biologico antiossidante del plasma/siero in termini di riduzione del ferro ferrico, usando la vitamina C come standard.
Esiste uno strumento che attraverso il bulbo di 3 o 4 capelli compie un check up integrale del corpo, rivelando anche lo stato del sistema antiossidante. Si chiama SDrive ed è l’ultima frontiera della scienza. Il principio è lo stesso della risonanza magnetica, ma viene applicato molto semplicemente e senza attività invasive o dannose. Possiamo leggere il corpo attraverso uno dei bio marcatori più potenti che abbiamo, la radice del capello: in essa sono infatti racchiuse non solo le informazioni bio chimiche e genetiche ma altresì le frequenze entrate in contatto con il nostro organismo.
La scienza di Tesla e Einstein viene applicata in modo semplice, consentendo di fare uno screening a tutto l’organismo, compresa la parte antiossidante. Scoprite QUI questa meravigliosa tecnologia. 

Vitamina C: attenzione all’esubero

I trattamenti anti ossidanti convenzionali, se in esubero, possono condurre al risultato contrario ovvero ossidare. La vitamina C, ad esempio, somministrata a dosi superiori rispetto  a quelle consigliate, induce un aumento del livello di perossido di idrogeno nelle cellule che, per potersi difendere, bruciano glucosio e lo sottraggono alla glicolisi: ne consegue un deficit energetico che può condurre anche alla apoptosi (morte cellulare). 

La rivoluzione Cellfood: modulare l’ossigeno sulle esigenze del corpo

In questo scenario Cellfood appare come il prototipo di una nuova classe di nutraceutici, i modulatori fisiologici, ovvero agenti potenzialmente in grado di prevenire o rallentare la comparsa di una serie di malattie associate allo stress ossidativo. Come? Attraverso una fine regolazione delle funzioni biochimiche  chiave: permeabilità di membrana, trasduzione dei segnali, metabolismo energetico ecc…